Fenomenologia della Pin-Up Girl di Willem Frederik Hermans

Il saggio «La fenomenologia della Pin-Up Girl», di Willem Frederik Hermans (1921-1995), fu pubblicato per la prima volta nel 1950.

La fenomenologia della pin-up girl

I

La pin-up girI è un fenomeno bidimensionale, come più o meno il nome stesso indica. Questo nome, del resto” ci esorta ad attaccare al muro la pin-up.

Tuttavia, la pin-up non è affatto un’immagine considerata capace di incitare a tirar fuori le puntine da disegno e a salire su una sedia. Bene, essa è una fanciulla affascinante, vestita in modo che, come si usa dire, «lascia poco all’immaginazione» (la donna enigma, no?).

Eppure esistono anche foto e disegni di altri soggetti che affascinano. Con eguale buon diritto si potrebbe parlare di orchidee pin-up, di lattanti pin-up, di tigri pin-up, di mulini pin-up e di campanili pin-up. Ma la cosa non è affatto di uso corrente, quantunque nella pubblicità i citati oggetti giuochino in parte un ruolo analogo a quello della pin-up.

Si vede la pin-up girl sulla copertina delle riviste; essa riempie interi settimanali. Viene anche venduta in cartoline. Vi guarda dagli imballaggi e dai manifesti. È la regina della réclame. Quando, al fine di propagandare un articolo, nessun’altra raccomandazione o descrizione dello stesso viene più considerata utile, il fabbricante basa tutte le sue aspettative sulla semplice presenza di una giovane donna dall’ampia scollatura per poter indurre il pubblico a comperare.

Spesso, la pin-up girl adorna annunci riguardanti merci che in qualche modo ancora possono essere posti in relazione con la femminilità. Se si tratta di prodotti di bellezza, biancheria intima o calze di nylon, è in un certo senso ovvio che essa si mostri. Un po’ meno a proposito invece essa appare con le aranciate, le sigarette o l’olio per motori. Essa vi sorride a grandezza maggiore del naturale. Fa chiaramente vedere di essere di buon umore perché beve l’aranciata AB, oppure perché fuma la sigaretta CD; non lascia più sussistere alcun dubbio sul fatto di trovare assolutamente delizioso farsi portare a casa in un’automobile lubrificata con olio EF.

Immaginatevi ora di volervi accattivare le simpatie di una conoscente femminile. Che cosa di più logico che voi le offriate l’aranciata o la sigaretta che hanno già fatto sorridere prima la pin-up? E può darsi anche che sia una pensata illogica, ma pure può davvero capitare che un uomo piuttosto passionale riempie la coppa del motore della sua auto con l’olio EF, sperando così, chissà per quali magie, di riuscire a indurre molte fanciulle a farsi accompagnare a casa dalla sua macchina lubrificata con olio EF!

Ma quando (come accade in America) la pin-up girl compare sui calendari dei commercianti di attrezzi agricoli o di puntelli per miniere, si ha piuttosto l’impressione che quel mercante abbia voluto preparare una bella sorpresa al suo cliente e che perciò gli abbia offerto una piacevole stampa. È idea accettata da tutti che la sensibilità per il sex-appeal sia più diffusa della curiosità verso gli abitanti della foresta vergine e quindi è ovvio che lo specialista pubblicitario pensi, nella maggior parte dei casi, di toccarvi più profondamente con una pin-up gìrl, che non con una pin-up tigre.

Del resto, la pin-up girl ha in comune con la tigre una importante caratteristica: la «girl», ovvero la ragazza che è servita da modello per il manifesto, non è unica.

Chi ritaglia da un giornale la foto di una cantante famosa o di una famosa atleta conserva un’immagine che rappresenta la signora Y o la signora Z. Nella nostra coscienza, queste signore sono legate alle loro prestazioni. Tali foto ampliano la mia conoscenza di persone per le quali nutro interesse. Le foto di cantanti o di atlete sono dei documenti.

Del tutto fuor di strada ci porterebbe l’attribuire all’immagine di una bella ragazza in costume succinto la qualità di documento. Soltanto le agenzie di pubblicità sanno come si chiama la ragazza che, affissa al muro di questa casa, in questa strada, dimostra allegramente quanto sia buona la sigaretta AB oppure beve con una cannuccia da una bottiglietta di limonata CD. All’infuori di qualche solitario maniaco che si propone di seriverle una lettera, nessuno ha la curiosità di sapere chi sia e dove abiti.

Nei rotocalchi che pensano soltanto a pubblicare immagini di « pinup », viene spesso indicato il nome della modella, viene rivelato il suo compenso, quanti divorzi abbia dietro alle spalle, quante pellicce possegga e in quanti bar abbia investito i suoi dollari. A me questo non piace. Informazioni di questo genere sono del tutto superflue ed in contrasto con il carattere della pin-up. Tali chiarimenti turbano il fenomeno della pin-up girI. La loro unica funzione, a mio avviso, sta nel fatto che vanno incontro a determinate pretese, che formano una specie di «fare-come-se» sia da parte dell’editore che del pubblico. L’editore fa come se offrisse una documentazione fotografica, il pubblico dal canto suo non ha la sensazione di osservare una semplice raccolta di immagini. Esso può nascondere i suoi veri motivi in questo ragionamento: guarda com’è interessante, sono così le fanciulle che in America sono delle vere personalità.

L’assoluta pin-up è, in quanto tale, anonima e la maggior parte di quelle che incontriamo nella stampa quotidiana lo sono anche effettivamente.

Un’altra specie di confusione nasce poi dal fatto che anche molte attrici cinematografiche posano da pin-up. Riesce difficile stabilire se la foto di una stella del cinema sia il ritratto di una personalità della vita artistica, oppure semplicemente l’immagine di una donna che risponde ai requisiti di leggiadria voluti dalla moda dominante. Ma per la maggior parte delle pin-up girls, la vera essenza non viene affatto mascherata, almeno non in questa maniera.

II

È strano che talora nascano persecuzioni contro quadri o determinati romanzi, giacché è ben raro, o addirittura non è mai successo, che si proibiscano delle réclames in cui si esalta il sex-appeal. Si parla qui di quadri di notevole valore artistico o commerciale e di libri scritti da autori, delle cui serie intenzioni non c’è motivo di dubitare. Altrettanto strano è che persone per bene, che non sopporterebbero mai appese alle loro pareti Maja o Olympia, facciano entrare nei propri salotti senza alcuna vergogna i giornaletti con le pin-up. A me sembra che con ciò non sia affatto necessario offrire alcun’altra dimostrazione del fatto che la pin-up non sia per niente opera d’arte.

Passeggiare nudi è proibito e non si possono pubblicare nei giornali foto di nudi -eppure si possono pubblicare le pin-up. La pin-up girI è sempre vestita con abiti che non potrebbero circolare su molte spiagge Olandesi. Ma questa non è una ragione per non appenderla alle pareti dei nostri chioschi. Queste constatazioni ci portano, con la frivolezza richiesta dall’argomento, a concludere che la pin-up, oltre a non essere « arte», non è neppure «natura». Essa si trova, evidentemente, in una sfera per la quale i moralisti non provano alcun interesse. Essa fa parte del quotidiano, ha saputo penetrarvi così a fondo, che la si considera quasi sempre come un fenomeno che adesso è appunto così.

Allontanare la pin-up dalla società è decisamente più difficile che proibire un romanzo o chiudere una mostra: ad essa sono collegati interessi commerciali molto grossi. Eppure, un passo del genere dovrebbe essere ritenuto possibile, mentre invece quasi mai lo si tenta, perché? Come abbiamo già visto, la pin-up girI non può venir considerata né documento, né opera d’arte; l’unico fine che ci si propone fabbricando queste immagini è di creare un’atmosfera erotica. Pur tuttavia esse sono protette in molte maniere contro l’avversione per la pornografia. In primo luogo formalmente: i più importanti attributi del sesso sono coperti, anche se invece che di copertura si potrebbe benissimo parlare di sottolineatura dei punti cardinali. Di nessuna donna l’abbigliamento è ridotto, in maniera così incisiva, a cosa fatta per attirare lo sguardo. Eppure anche il suo più ridotto bikini pretende (ed evidentemente con successo) di essere proprio l’indumento che la decenza esige.

Del resto, la pin-up girI può permettersi quasi tutto quello che una fantasia lasciva può immaginarsi. Si lascia sorprendere dall’obbiettivo quando a malapena ha posto le fondamenta della sua toeletta. Si allaccia una calza alla giarrettiera; sta invitante, a gambe aperte; si erge con le mani dietro al capo; se ne sta sdraiata sul dorso con un ginocchio piegato; cavalca un cavallo senza sella o sta a cavalcioni di un tronco d’albero.

Nonostante tutto ciò, la vera pin-up non è mai realmente oscena. La pin-up girI è un qualcosa di lievemente diverso e la differenza è in grande misura determinata dall’espressione del suo viso. Ve ne sono di quelle che vi guardano con aria languida o sensuale, certo. Ma proprio in questo languore c’è una tale durezza, addirittura uno sprezzo che, a parer mio, soltanto dei masochisti smaliziati potrebbero prenderla sul serio. La vera pin-up non è lasciva, è un’uccelliera di gaiezza. Essa ride. Le modelle delle vere foto di nudi, generalmente, non ridono. Si direbbe che non possano. E la pin-up, in effetti, è « coperta ».

Essa osa tutto, essa ride. Ride con le sopracciglia alzate e con le ciglia irte come spine, perché ispessite dal rimmel. È proprio un’allegra risata, solo che… non è un riso invitante. È un ridere che sembra soltanto dire: Adesso mi lascio guardare così. .. non è divertente? .. ma tu non t’immaginare che questo significhi qualcos’altro!

Soltanto a persone che sono sempre state refrattarie alla realtà delle cose, ella può far sperare in un tète-à-tète in una stanza dalla luce discreta.

Ad altri invece suggerisce lo smalto di un frullatore elettrico o di un frigorifero, la porcellana di vasche da bagno, la calda opacità di prodotti di bachelite, la cromatura di sedie di acciaio, lo splendore di nuovi tessuti, l’odore della seta e della lana, del legno fresco, di gomma per rivestire pavimenti: non la buccia di una pesca, bensì la peau de pèche? In poche parole: essa fa pensare a tutto ciò che è inerte, inusato e immacolato.

La pin-up girI ha da spartire con il vero erotismo tanto poco quanto un film di Hollywood ha a che fare con la vita vera, come il detective del libro giallo ha a che fare con il funzionario di polizia, come una storia western con il sadismo. ,La pin-up è separata dalla prostituta ideale da uno schermo di cellophane. È profumata, anche se forse è più esatto dire che diffonde odor di sapone. A lei soprattutto manca quella debole mescolanza di odori naturali che un profumo messo sulla pelle di una donna mette in risalto. I suoi seni hanno la linea di moda, ma non hanno peso alcuno.

Il disegnatore di Esquire ha stilizzato la sua anatomia. Tutto è stato fatto per togliere ai suoi muscoli ogni caratteristica di organi del movimento; può sussistere soltanto la funzione passiva del palpeggio e quella dello sfioramento. Un lieve venticello potrebbe scompigliare la sua capigliatura e far svanire così ogni incanto. Fabbricando la sua bocca si è pensato solo alla possibilità di baciarla; è meglio non pensare al terribile destino dell’uomo che dovesse ascoltarla. Per fortuna, il contatto con la pin-up avviene in un silenzio in cui si odono soltanto il fruscio della luce che vibra ed i battiti del proprio cuore. La sua bocca è proprio quello che lo slang Americano intende dire con la parola che la definisce: a kisser.

La pin-up girl è uno spettro privo di sostanza.

Uno spettro che è soltanto raccapricciante, ma che non suggerisce mai una creatura, non può mai più fare paura, giacché quello che si teme nel fantasma non è la nebbia, ma l’uomo. Allo stesso modo, la pin-up non è mai oscena: non è altro che nebbia sensuale. Forse è proprio per questo che la società l’ha accettata (sia pure, come abbiamo visto, non senza ipocrisia).

Essa se ne sta lontana dagli scandali dell’amore; ogni contatto tra due esseri umani implica scandalo, ma essa non è umana. Essa è sottratta a quanto di scandaloso, nella civiltà occidentale, è tuttora insito nella sessualità.

Ed essa è libera dalla fisiologia del suo sesso, è priva di tutto quello che i bennati specialisti pubblicitari non dicono.

Ha tempo e danaro a sufficienza, può curare assiduamente la sua permanente. È distaccata dallo scandalo della natura e dallo scandalo dell’arte. Sul muro di camere di adolescenti essa rivaleggia con Constellations, Skymasters e navi da guerra.

In effetti, quando un signore che si rispetti trae una sigaretta da una scatola su cui essa è ritratta si sente ricco, giovane, felice e pieno di una beatitudine di cui non ha bisogno di vergognarsi. Una volta di più egli crede nel «sogno».

Note a La fenomenologia della Pin-Up Girl

Di Willem Frederik Hermans si trovano in italiano tre romanzi.

  • La casa vuota. Milano: Rizzoli, 2005. Traduzione Laura Pignatti. Titolo originale: Het behouden huis, 1952¹.
  • Alla fine del sonno, Milano: Adelphi, 2014. Traduzione Claudia Di Palermo. Titolo originale: Nooit meer slapen, 1966¹.
  • La camera oscura di Damocle. Milano: Iperborea, 2022. Traduzione Claudia Di Palermo. Titolo originale: De donkere kamer van Damokles, 1958¹.
  • Ho scritto un articolo su Hermans e il suo amore per i gatti. È in nederlandese. Lo trovate qui.
  • Più informazioni sulla pagina wikipedia.

Fenomenologia della Pin-Up Girl di Willem Frederik Hermans

 

 

Harry Mulisch Il talamo di pietra. Un frammento dal romanzo

Il testo di Harry Mulisch Il talamo di pietra è un frammento tratto dal suo famosissmo romanzo Het stenen Bruidsbed  (appunto, Il talamo di pietra), pubblicato nel giugno 1959.

Harry Mulisch Il talamo di pietra - frammento dal romanzo
21a edizione, febbraio 1972

Il romanzo è il frutto di un confronto con la Germania divisa e lacerata dalla guerra e ci pone davanti al problema della guerra in quanto responsabilità individuale e collettiva. Norman Corinth, un dentista americano che nell’ultima guerra bombardò Dresda, anni dopo si ritrova in questa stessa città in occasione di un congresso. La guerra lo ha spersonalizzato ed egli è alla ricerca della sua vera identità. Un incontro con una comunista della Germania dell’est ha su di lui un effetto di choc che lo conduce alla coscienza della portata delle sue azioni.
Per motivi di leggibilità ho diviso il testo in due paragrafi.

I

« Quanto tempo ci sei rimasta? » La sua voce era calma, dolce.

« Sei anni. »

« Perché? Ebrea? »

« Comunista. »

Egli pensò: il supercodice; e adesso mi abbraccia.

« Devo spegnere la sigaretta,» disse lei e cercò di svincolarsi.

Egli pensò: pericolo!

« Dammela, » rispose, prese la sigaretta dalle dita di lei e la schiacciò sul tappeto. Ella lo guardò e disse:

« Soldato. » Gli guardò il viso senza riservatezza (era mai stato diversamente?) e chiese:

« Perché Russi? »

Egli se la strinse di nuovo.

« Per qual ragione credi tu che fra centinaia di migliaia di dentisti americani abbiano pescato proprio il mio nome? »

« Perché tu sei il migliore. »

« Non mi far ridere. »

« Perché sei comunista. »

« Oh, » rispose « tu credi che io abbia sciorinato in America i principi del Partito? »

« Non lo so. Sei stato nell’Esercito Rosso? »

« Sorry se ti deludo. »

« E come sei finito da loro? »

« Caduto dal cielo. »

Ella rimase un attimo silenziosa.

« Bombardavi le città? »

« Sì. »

Volle svincolarsi, ma lui la strinse contro il suo corpo, con un risolino agli angoli della bocca. All’improvviso ella rispose al suo abbraccio ed asclamò: « Oh, Gesù Cristo! »

II

Tacquero e non si lasciarono. La stanza li abbracciava entrambi. Drup, drup, drup, drip, drap, drop: il rubinetto.

« Per questo, oggi, ti sei levato il cappello quando guardavi la valle» disse lei.

« Mi sono levato il cappello? »

« Sì. »

Cercò di ripensarci, ma non poté ricordarsene. Gli sembrava ridicolo.

« La cosa ti perseguita? » chiese lei.

« No, » rispose, « perché? Tu saresti voluta restare un anno ancora in galera? »

« Pensavo a Dresda. »

« Quelli erano inglesi, » disse ed aggrottò il viso.

« Avrebbe fatto differenza se ci fossi stato anche tu? »

Egli pensò: se le dico che la seconda ondata era composta di americani (e che la terza ondata dovette ripiegate verso Lipsia, perché il calore era diventato troppo forte), sciupo tutto.

« No,» rispose. Stette un po’ a pensare. «È come non fosse mai accaduto. Tremila anni fa. Io sono un greco perito sotto Agamennone che vive ancora. Non me ne ricordo mai. »

Lei lo osservava.

« Non trovi questo più angoscioso che se ti perseguitasse? »

Corinth scosse il capo: allora sentì che il viso gli diventava umido e con questo era peggio – ma non sapeva che cosa fosse peggio. Era peggio. Era peggio. La guardò spaventato, spalancò gli occhi e si guardò intorno per la camera buia. Con gli occhi sbarrati guardava dalla finestra al letto dalla lampada a un tavolino, come se in tal modo potesse impedire a qualcosa di diventar peggio.

III

« Cristo, » disse afferrandola per le braccia e senza poterla guardare, come se non potesse lasciare la stanza e le cose, « Cristo, Hella, c’è qualcosa in me… » Ansiosa ella guardò le gocce di sudore che gli si ingrandivano sulla fronte, vicino al naso. I suoi occhi divoravano la stanza. Era sempre peggio, era qualcosa d’invisibile: un notturno tremore in cose immobili come morte, come non fossero più se stesse, uno schiudersi che lo minacciava disgustosamente. Pensò: luce, luce, ma non posso parlare; sentiva che tendeva in maniera inumana le sue forze, ma quali? come? contro che cosa? Poi notò che tutto diminuiva, come una tempesta che s’acqueta all’improvviso, e scompariva.

La guardò.

« Che cosa è stato? » non aveva quasi più voce.

La camera era la camera, Hella Hella. Gli occhi di lei erano tondi di spavento; non poteva articolar parola. Corinth si passò una mano sul viso e girò lo sguardo per la stanza, cercando qualcosa, sebbene sapesse perfettamente che non vi avrebbe trovato nulla, né là né altrove, e che non c’era più nulla, come se nulla vi fosse mai stato.

«Era qualcosa – ad un tratto… Come se… » Alzò le spalle disperato.

« L’hai avuto ancora? »

«Mai. »

Con la punta delle dita gli toccò il volto e lo guardò. Era proprio a pezzi, come poco prima, quando aveva detto: Non è la più bella donna del mondo?

« Svestiti, » gli disse.

« Sì. »

Note a Harry Mulisch Il talamo di pietra

  • Non risulta che il romanzo di cui è tratto questo frammento abbia mai avuto una traduzione integrale in italiano.
  • Una pagina wikipedia (it) con alcuni link ad altre voci è qui.
  • Per altri scrittori tradotti in italiano vedere questo riepiligo.

 

Hugo Claus Due poesie tradotte in italiano

Propongo di Hugo Claus Due poesie ripescato in una pubblicazione che risale a più di cinquant’anni fa. Le traduzioni erano già uscite in precedenza su alcuni periodici. Informazioni sullo scrittore Hugo Claus (1929-2008) e altre traduzioni delle sue opere in italiano in calce a questa pagina.

Un mattino come…

Un mattino come sempre la tua casa è vuota
si conta e ad uno ad uno
i giorni entrano nella gabbia

Si vede io vedo tu vedi
le bestie nascoste nel fresco specchio vedono
così ciò resterà sotto pelle

Il coltello rugginoso il sangue che si coagula
le pietre porose il latte insipido

Si dice tu dici
con voce cieca con gesto impietrito

Buongiorno
buongiorno cari bambini.

Anniversario

L’animale cangiato ch’io sono
compie oggi gli anni
e conosce il suo canile
per la ventiquattresima volta.

Al cancello del mondo
dimora crudele e cresce
come un gatto in casa
che copre la femmina accaldata.

Talvolta vedo come puerilmente
e rabbioso fruga
tra le maglie
e cerca gli anni che fanno
di me ciò che sono: animale
cangiato e bambino
che s’accoppia e passeggia
nell’arsura.

Compio gli anni: farfalla
sangue e notturno.

«Hugo Claus è stato il capofila dei giovani poeti fiamminghi della corrente modernista o sperimentale. La sua opera poetica, all’origine ricca di manipolazioni formali, rivela l’ossessione dell’incalzare del tempo, caratteristica dell’arte del XX secolo. Ma questo tema è accompagnato da un’originalità di sensazioni e di espressioni che in un certo senso pone la letteratura al di fuori e al sicuro dal tempo. D’altra parte è proprio nelle sfere della cultura, dell’arte e della storia che lo scrittore si è rifugiato.» (J. Weisgerber)

Note a Hugo Claus Due poesie

  • Il primo componimento è stato tradotto da Giacomo Prampolini e pubblicato nella sua raccolta Poeti fiamminghi. Versioni di Giacomo Prampolini, p. 37.
  • Invece il secondo componimento è stato tradotto da Gianni Montagna e pubblicato in: Ausonia, n. 2-4, XIV, marzo-agosto, Siena, 1959, pp. 169-170.
  • Si può consultare una pagina wikipedia in italiano.
  • Per altri autori tradotti in italiano cliccare qui.